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Premesse
Introduzione
Dialoghi
con Paolo Ricca
Interrogativi
ai quali rispondere
1.
Perché
alcuni libri presenti nella Bibbia dei cattolici
non ci sono in quella dei protestanti?
Ma
perché questi libri furono esclusi dal
canone ebraico, e quindi non considerati
normativi e vincolanti per la fede e la vita
degli Ebrei?
2.
Sono
ancora validi i motivi che hanno indotto i
Riformatori a escludere alcuni libri dal canone
biblico?
3.
Non
sarebbe pensabile, o auspicabile, introdurre
questi libri anche nelle Bibbie dei protestanti,
eventualmente collocandoli in appendice, come
fece Lutero?
Premesse
Quando un credente evangelizza, cerca
sempre di evidenziare i due aspetti fondamentali della
fede:
1.
La salvezza per grazia (e non per opere)
mediante la fede nellOpera espiatrice e
sostitutrice di Gesù
2.
Lo studio della Bibbia, la Parola di Dio, come unico
fondamento per la conoscenza delle verità di fede e
per la crescita della nostra vita spirituale.
A questo punto la domanda inevitabile
che ci si sente fare è: Ma le
Bibbie sono tutte uguali o no; e
se non sono uguali, qual'è quella vera?
Ecco da dove nasce la necessità di questi brevi studi
sulle varie caratteristiche della Bibbia.
Poiché la domanda
di cui sopra viene quasi sempre posta da una persona
di fede cattolica, per il semplice motivo che è
questa la denominazione imperante in Italia, la prima
delucidazione necessaria, allora, è:
Quali
differenze ci sono tra le Bibbie usate in ambito
cattolico e quelle utilizzate in ambito
evangelico/protestante?
|
Tralasciando, per ora, lo studio sulle varie Versioni
della Bibbia,
affrontiamo qui il problema del «Canone
Biblico».
(Segue lottimo
articolo di Paolo Ricca tratto dalla rubrica
"Dialoghi con Paolo
Ricca" del settimanale
"Riforma"
del 20 marzo 2009 in risposta ad una domanda
rivolta allAutore e riportato al link
seguente: http://www.chiesavaldese.org/pages/archivi/index_commenti.php?id=873
(Si tenga presente che la domanda nasce in ambito
Valdese, dove, appunto, viene usata anche la TILC,
che, invece, non è quasi per niente utilizzata
in ambito pentecostale.
Questo solo per
precisazione, anche se ciò non inficia
minimamente la validità e la precisione delle
osservazioni dellAutore) |
Introduzione
DIALOGHI
CON PAOLO RICCA
La Bibbia è la stessa per tutti,
oppure no? |
Fra
i banchi della Chiesa valdese di Milano trovo ogni
domenica, una accanto allaltra, la Bibbia nella
versione protestante della Nuova Riveduta e la Bibbia
nella traduzione interconfessionale in lingua corrente (comunemente
chiamata TILC, realizzata da cattolici e protestanti).
Questa pacifica e voluta «convivenza» dichiara
implicitamente che entrambe le versioni sono per noi
pienamente valide (anche se di fatto è la Riveduta ad
essere utilizzata quasi sempre per il culto e per gli
studi biblici).
Ma le due traduzioni non differiscono soltanto per lo
stile: quella interconfessionale contiene anche i
cosiddetti Libri Deuterocanonici (Giuditta, Tobia, I e II
Maccabei, Sapienza, Siracide
) assenti sia dalla
Riveduta, sia da quasi tutte le Bibbie protestanti, a
cominciare da quella di Diodati.
È noto che i Deuterocanonici non fanno parte del canone
ebraico (fissato nel I secolo), mentre la Chiesa
cattolica li ha dichiarati canonici nel Concilio di
Trento (1546).
Quanto ai Riformatori protestanti, non li hanno
riconosciuti come canonici, dichiarando che su di essi
non era possibile fondare alcun articolo di fede.
Lutero li ha tradotti, relegandoli però in appendice
alla Bibbia, quasi libri non uguali alla Sacra Scrittura,
tuttavia utili ed edificanti. In ogni caso la Società
biblica britannica e forestiera non li stampa più.
Ora la domanda è: i motivi che hanno portato a
questultima decisione possono ritenersi ancora oggi
pienamente validi? O invece, proprio in prospettiva
ecumenica, potrebbe essere pensabile, auspicabile, in
futuro riprendere la soluzione di Lutero, e ristampare
quindi nelle nostre Bibbie anche i Deuterocanonici, se
non altro in appendice?
Giampiero Comolli
Milano
Questa lettera sembra, a prima vista,
sollevare un problema, tutto sommato, di facile soluzione
e forse anche di importanza relativamente secondaria.
Infatti la
Bibbia dei cattolici (quella
cioè diffusa nella Chiesa cattolica) e quella
dei protestanti (quella
diffusa nelle Chiese protestanti) sono
fondamentalmente uguali per quanto concerne la
sostanza del messaggio:
Il Nuovo
Testamento è
identico per tutti
LAntico
Testamento dei
cattolici contiene tutti i libri dellAntico
Testamento dei protestanti, più alcuni libri che
i protestanti non hanno.
Questi libri, pur non
essendo privi di interesse, non
aggiungono nulla di rilevante al messaggio degli altri
libri e perciò, che ci siano o non ci siano, non cambia
molto; per risolvere la questione della loro presenza o
meno nella Bibbia (è bene che ci siano oppure no?),
basterebbe un po di fair play ecumenico.
Così
sembra, dicevo, a prima vista.
Ma se si guarda la cosa un po più a fondo, ci si
accorge che questa lettera solleva un problema di
importanza capitale per la Chiesa e per la fede: quello
del canone biblico, la questione, cioè,
di quali libri possano e
debbano far parte della Sacra Scrittura che, come sappiamo, è
la parola fondante e la regola
doro della religione cristiana,
il metro unico e decisivo con il
quale misurare se una dottrina o un comportamento è
cristiano oppure no.
«Canone» è una parola
greca che significa appunto «regola»,
«norma»,
«misura»,
«criterio».
Lespressione «canone
biblico» indica la
raccolta dei libri ufficialmente riconosciuti
come normativi e quindi vincolanti per la fede e
la vita cristiana. |
Interrogativi
ai quali rispondere
Sono dunque tre gli
interrogativi ai quali dobbiamo rispondere.
1. Il primo è:
perché alcuni libri
presenti nella Bibbia dei cattolici non ci sono in
quella dei protestanti?
2. Il
secondo è: sono
ancora validi i motivi che hanno indotto i
Riformatori a escludere alcuni libri dal canone
biblico?
3. Il
terzo è: non
sarebbe pensabile, o auspicabile, in prospettiva
ecumenica, introdurre questi libri anche nelle Bibbie
dei protestanti, eventualmente collocandoli in
appendice, come fece Lutero?
Questi due ultimi
interrogativi sono quelli posti dal nostro lettore, che
è bene informato sullargomento.
1.
Perché
alcuni libri presenti nella Bibbia dei cattolici non
ci sono in quella dei protestanti?
Al primo interrogativo
risponde bene il nostro lettore: i Riformatori hanno
eliminato dal canone biblico tradizionale i libri di
Giuditta, Tobia, I e II Maccabei, Sapienza, Siracide,
Baruch perché non furono considerati
canonici dagli Ebrei quando fissarono il loro canone.
Questo avvenne in maniera
definitiva in assemblee di rabbini riunite a Gerusalemme
intorno al 65 d.C. e soprattutto nel Sinodo
di Jabne-Jamnìa intorno al 90 d.C.
Si direbbe che dopo la
caduta di Gerusalemme e la distruzione del Tempio,
Israele edifica,
fissando il canone delle Scritture ispirate, un
nuovo «tempio»
nel quale incontrare e conoscere Dio, per
adorarLo e servirLo.
Il processo che sfociò nella
stesura definitiva del canone ebraico fu lungo e
movimentato.
Alcuni
libri, come quello di Ester, o
il Cantico del cantici, o lEcclesiaste,
faticarono a entrare nel canone.
Ne furono esclusi Giuditta, Tobia,
I e II Maccabei, Sapienza,
Siracide e Baruch,
poi chiamati «deuterocanonici» per la prima volta nel XVI secolo dal
biblista Sisto da Siena (1520-1569), ebreo
convertito al cattolicesimo e divenuto
francescano.
«Deuterocanonico»
significa letteralmente «appartenente
a un secondo canone, o a
un canone secondario».
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Ma
perché questi libri furono esclusi dal canone
ebraico, e quindi non considerati normativi e
vincolanti per la fede e la vita degli Ebrei?
Essenzialmente per due
motivi.
1.
Il primo e principale è che sono entrati nel
canone solo gli scritti che i rabbini hanno
ritenuto fossero stati composti prima della fine
della profezia, quindi nel tempo «da Mosé a
Malachia» ovvero, non oltre il V sec. a.C.
Con lultimo dei
profeti, che secondo il canone ebraico (e biblico) è
appunto Malachia, finisce il tempo della rivelazione
divina e comincia quello dellinterpretazione e del
commento a opera dei rabbini.
I libri
«deuterocanonici» sono dunque stati esclusi perché
composti fuori dal tempo della rivelazione.
2.
Il secondo motivo è che gli scritti esclusi
circolavano per lo più in lingua greca, quindi
sono nati in seno al giudaesimo ellenistico,
anche se può darsi che alcuni siano stati
composti originariamente in ebraico.
Luso della lingua
greca anziché ebraica
rivelava la loro origine tardiva, avvenuta quando il
tempo della rivelazione era ormai concluso.
Si
giungeva così ad un elenco di 39 libri;
questo canone fu chiamato "palestinese".
Gli
ebrei suddivisero poi questi 39 libri in tre
gruppi:
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Torah (Pentateuco): Genesi,
Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio.
Nevi'im (Profeti): Giosuè,
Giudici, Samuele (I e II), Re (I e II),
Isaia, Geremia, Ezechiele, i 12 Profeti
minori
Ketuvim (Scritti): Salmi
di Davide, Proverbi, Giobbe, Cantico dei
Cantici, Rut, Lamentazioni, Ecclesiaste,
Ester, Daniele, Esdra-Neemia, Cronache (I
e II)
|
Prendendo le iniziali
ebraiche dei tre gruppi si ottiene l'acronimo Tanakh,
con cui spesso la Bibbia ebraica è conosciuta. (n.d.r. tratte da http://www.fmboschetto.it/religione/corso/relig1.htm)
|
2.
Sono
ancora validi i motivi che hanno indotto i
Riformatori a escludere alcuni libri dal canone
biblico?
Nella Chiesa antica e
medievale non ci fu uniformità riguardo alla
circolazione e alluso dei «deuterocanonici».
In alcune chiese, a esempio, Ester non fu
considerato canonico, benché fosse incluso
nel canone ebraico. In altre chiese i «deuterocanonici»
furono considerati pienamente canonici, a
esempio nelle chiese di Siria, Africa e Roma.
Il
tentativo di Girolamo (340-420) di far adottare a
tutta la Chiesa il canone ebraico, fallì.
Come ricorda il nostro lettore, il Concilio di Trento, nel 1546, accettò il cosiddetto "canone
alessandrino" che
riconosceva come sacri
46 libri e, quindi, incluse
definitivamente i «deuterocanonici» nel canone biblico
cattolico romano,
escludendo peraltro la cosiddetta Lettera di Geremia e i Supplementi
al Libro di Daniele, che
invece la Traduzione interconfessionale in lingua
corrente (TILC) contiene.
La
Riforma, come già sè detto, ha escluso i
«deuterocanonici» dal canone biblico.
Lutero li ha però
tradotti e messi in appendice alla Bibbia, precisando che
possono aver valore non per la fede, ma per la pietà e
ledificazione (tranne
il 2° Libro dei Maccabei, che Lutero vorrebbe veder
«espulso» dalla Bibbia!).
Nel 1534, Lutero li pubblica
come «apocrifi» (il
termine
«deuterocanonico», come
sè visto, non esisteva ancora) con questo titolo: «Libri
che non sono considerati uguali alla Sacra Scrittura,
però sono utili e buoni da leggere».
Chiediamoci:
la decisione della Riforma di escludere i
«deuterocanonici» dalla Bibbia è stata giusta
o sbagliata?
Secondo me è stata giusta.
È
stato giusto fidarsi della scelta dei rabbini e
adottare per lAntico Testamento, che è la
loro Sacra Scrittura e anche la nostra, il loro
canone, «perché a
loro furono affidati gli oracoli di Dio» (Rom. 3:2)
Tra laltro, il
valore di questi libri è molto disuguale.
Il
«deuterocanonico» migliore è "La
Sapienza", di cui
anche Lutero dice che «contiene
molte cose buone ed è meritevole di essere letto».
Possono
dunque promuovere la pietà e la virtù, ma
la fede la si impara altrove.
Perciò, per la fede, non sono né normativi né
vincolanti. I motivi che hanno indotto i Riformatori a
escluderli dal canone mi sembrano ancora validi.
3. Sarebbe
auspicabile introdurre questi libri anche nelle
Bibbie dei protestanti, eventualmente collocandoli in
appendice?
A questo terzo interrogativo, ovvero
introdurre i «deuterocanonici» nelle Bibbie in uso nelle nostre chiese,
rispondo, riprendendo i termini del nostro lettore, che
è «pensabile», ma, secondo me, non necessariamente
«auspicabile».
È pensabile perché, come
dice Lutero, si tratta di scritti edificanti, che
possono fare del bene alle anime.
Inoltre la loro
lettura può servire a far apprezzare la diversa qualità
teologica dei libri «canonici» (con qualche eccezione)
rispetto ai «deuterocanonici».
Se pubblicati, questi
ultimi dovrebbero comunque costituire unappendice
della Bibbia, chiarendo
bene che non sono canonici,
cioè non impegnano né
vincolano la fede.
È pensabile, perché è
sempre meglio conoscere che ignorare
Inoltre il cosiddetto periodo
«intertestamentario»
(cioè il tempo intermedio tra lAntico e il Nuovo
Testamento) ci è poco noto, e i «deuterocanonici» possono aiutarci a conoscere il giudaesimo di
quel periodo, la sua esperienza di fede e la sua
spiritualità. Insomma, si può fare.
Ma non è necessariamente
auspicabile farlo, per tre motivi.
1. Il
primo è che è bene che la fede cristiana
faccia proprie le scelte della fede ebraica
riguardo al canone biblico, per quanto
concerne lAntico Testamento.
2. Il secondo è che, affiancando, in uno
stesso volume, libri canonici e non canonici,
si annacqui la nozione fondamentale
di
canone.
3. Il terzo (un po banale, lo riconosco)
è che la Bibbia canonica è già abbastanza
vasta (66 libri!) e non basta una vita per
conoscerla bene. Si possono certo aggiungere
altri sette libri non canonici: ma è proprio
necessario?
Il
canone della Bibbia
Quali differenze ci sono tra le Bibbie
usate in ambito cattolico e quelle utilizzate in
ambito evangelico/protestante?
La Bibbia dei cattolici e quella dei protestanti
sono fondamentalmente uguali per quanto concerne
la sostanza del messaggio:
- Il Nuovo
Testamento è identico per tutti
- LAntico
Testamento dei cattolici contiene tutti i
libri dellAntico Testamento dei
protestanti, più alcuni libri che i
protestanti non hanno.
Questi libri,
pur non essendo privi di interesse, non
aggiungono nulla di rilevante al messaggio degli
altri libri; il vero problema, però, è quello
del canone biblico, la questione,
cioè, di quali libri possano e debbano far parte
della Sacra Scrittura.
«Canone»
è una parola greca che significa appunto «regola»,
«norma», «misura», «criterio».
Lespressione «canone biblico»
indica la raccolta dei libri ufficialmente
riconosciuti come normativi e quindi
vincolanti per la fede e la vita cristiana.
Ma
perché alcuni libri presenti nella Bibbia dei
cattolici non ci sono in quella dei protestanti?
I Riformatori hanno eliminato dal canone biblico
tradizionale i libri che non furono considerati
canonici dagli Ebrei quando fissarono il loro
canone intorno al 65 d.C. e soprattutto nel Sinodo
di Jabne-Jamnìa intorno al 90 d.C.
«Deuterocanonico» significa letteralmente
«appartenente a un secondo canone, o a un canone
secondario».
Questi libri furono esclusi dal canone
ebraico
1. Perchè entrarono nel canone
solo gli scritti che i rabbini ritennero fossero
stati composti prima della fine della profezia,
quindi nel tempo «da Mosé a Malachia» ovvero,
non oltre il V sec. a.C.
I libri «deuterocanonici» sono dunque stati
esclusi perché composti fuori dal tempo della
rivelazione.
2. Perchè gli scritti esclusi
circolavano per lo più in lingua greca, quindi
erano nati in seno al giudaesimo ellenistico,
anche se, forse, alcuni erano stati composti
originariamente in ebraico. Luso della
lingua greca anziché ebraica rivelava la loro
origine tardiva, avvenuta quando il tempo della
rivelazione era ormai concluso.
Si giungeva così ad un elenco di 39 libri;
questo canone fu chiamato "palestinese".
I motivi che indussero i Riformatori a
escludere alcuni libri dal canone biblico sono
ancora validi perchè lo sono
ancora le ragioni che li spinsero a questa scelta.
Infatti:
Nella
Chiesa antica e medievale non ci fu
uniformità riguardo alla circolazione e
alluso dei «deuterocanonici». Il
tentativo di Girolamo (340-420) di far
adottare a tutta la Chiesa il canone ebraico,
fallì.
Il Concilio di Trento, nel 1546, accettò il
cosiddetto "canone alessandrino"
che riconosceva come sacri 46 libri e, quindi,
incluse definitivamente i «deuterocanonici».
Lutero
mise questi libri in appendice alla Bibbia,
precisando che essi potevano aver valore non
per la fede, ma per la pietà e ledificazione
e nel 1534 li pubblicò come «apocrifi» (il
termine «deuterocanonico», come sè visto,
non esisteva ancora) con questo titolo: «Libri
che non sono considerati uguali alla Sacra
Scrittura, però sono utili e buoni da leggere».
La decisione della Riforma di escludere i
«deuterocanonici» dalla Bibbia fu sicuramente
giusta perchè fu giusto fidarsi della scelta dei
rabbini e adottare per lAntico Testamento,
che è la loro Sacra Scrittura e anche la nostra,
il loro canone, «perché a loro furono affidati
gli oracoli di Dio» (Rom. 3:2)
Tra laltro, il valore di questi libri è
molto disuguale. Il «deuterocanonico» migliore
è "La Sapienza", di cui anche Lutero
dice che «contiene molte cose buone ed è
meritevole di essere letto».
Sarebbe auspicabile introdurre questi
libri anche nelle Bibbie dei protestanti,
eventualmente collocandoli in appendice?
È pensabile perché, come dice Lutero, si tratta
di scritti edificanti e la loro lettura può
servire a far apprezzare la diversa qualità
teologica dei libri «canonici» (con qualche
eccezione) rispetto ai «deuterocanonici».
È pensabile, perché è sempre meglio conoscere
che ignorare. Inoltre il cosiddetto periodo
«intertestamentario» (cioè il tempo intermedio
tra lAntico e il Nuovo Testamento) ci è
poco noto, e i «deuterocanonici» possono
aiutarci a conoscere il giudaesimo di quel
periodo, la sua esperienza di fede e la sua
spiritualità. Insomma, si può fare.
Ma non è necessariamente auspicabile farlo,
perchè è bene che la fede cristiana faccia
proprie le scelte della fede ebraica riguardo al
canone biblico, per quanto concerne lAntico
Testamento.
Inoltre, affiancando, in uno stesso volume, libri
canonici e non canonici, si annacqui la nozione
fondamentale di canone.
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